Faber – Fabrizio De André

Come avrei mai potuto non parlare qui di De André?

Introduzione

Non solo per l’importanza storica nel panorama musicale del nostro Paese, ma anche per avermi regalato il più bel nome che potessi mai avere, Andrea.

Dovete sapere, infatti, che i miei genitori hanno scelto di chiamarmi proprio Andrea durante un suo concerto, nello svolgimento di questa splendida canzone.

Andrea
Andrea s’è perso s’è perso e non sa tornare
Andrea s’è perso s’è perso e non sa tornare
Andrea aveva un amore riccioli neri
Andrea aveva un amore riccioli neri
see’era scritto sul foglio che era morto sulla bandiera
see’era scritto sul foglio e la firma era d’oro era firma di re
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
E Andrea l’ha perso ha perso l’amore la perla più rara
E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
Andrea gettava riccioli neri nel cerchio del pozzo
Il secchio gli disse “Signore il pozzo è profondo
più profondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto”
lui disse “Mi basta, mi basta che sia più profondo di me”
lui disse “Mi basta, mi basta che sia più profondo di me”

Poeta

La grandezza di De André è principalmente associata alla sua capacità di scrittura, che egli ha scelto di dedicare maggiormente a temi sociali, scrivendo di emarginati, ribelli, prostitute e più in generale di tutti coloro etichettati come “diversi”.

Per questa sua attitudine viene definito da molti come poeta, oltre che cantautore.

Grande amico di Paolo Villaggio, a cui si deve anche l’origine del soprannome Faber, col quale ha condiviso gran parte dell’infanzia e che lo ha accompagnato anche nella carriera artistica degli esordi, scrivendo assieme a lui “Il fannullone/Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers“.

Il contesto politico/sociale

Se si parla di De André non ci si può esimere dall’inquadrarlo nel contesto storico in cui ha vissuto, Faber nasce nel febbraio del 1940, attraversa quindi la Seconda Guerra Mondiale, il dopoguerra, il ’68 e tutto questo indubbiamente influisce, come tanti altri artisti italiani e internazionali, sui testi delle future canzoni ma soprattutto sulla persona.

Fabrizio svilupperà un carattere irrequieto, sensibile e finirà per definirsi anarco-individualista, questo gli provocherà le attenzioni dei servizi segreti e della polizia perché si temeva un suo coinvolgimento con alcuni gruppi organizzati di quegli anni, sospetti poi decaduti dopo qualche anno.

Storia di un impiegato

In realtà poi Faber, criticò più di una volta i gruppi terroristici perché sosteneva che la loro attività finisse solo con il consolidare il potere piuttosto che abbatterlo, come in “Storia di un impiegato“.

STORIA DI UN IMPIEGATO – 1973
«Quando è uscito “Storia di un impiegato” avrei voluto bruciarlo. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile. L’idea del disco era affascinante. Dare del Sessantotto una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico. E ho fatto l’unica cosa che non avrei mai voluto fare: spiegare alla gente come comportarsi.»
Fabrizio De Andrè

La storia è quella di un impiegato che, dopo aver ascoltato un canto del Maggio francese, entra in crisi e decide di ribellarsi, senza però rinunciare al suo individualismo. Le canzoni che seguono rappresentano l’ordine logico di una presa di posizione solitaria, con un rapido (e onirico) succedersi dei fatti; poi l’esperienza fallimentare della violenza e solo dopo, in un ambiente crudo e forte come quello carcerario, la presa di coscienza del bisogno di una lotta comune. Il disco venne comunque attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco

”IL BOMBAROLO”
L’impiegato, mosso da motivazioni da disperato “se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato”, prepara un vero attentato il cui unico effetto è metterlo in ridicolo rivelando al tempo stesso la sua mania di protagonismo e la sua goffaggine. È una satira cruda del terrorismo degli anni settanta prima che questo assumesse dimensioni realmente tragiche. Si conclude esemplarmente con una ripresa dell’introduzione del disco.

De André, perché è attuale?

Le sue canzoni risultano attuali perché non ha solo descritto cose vissute in prima persona, ma con le proprie canzoni si è “schierato” dalla parte degli ultimi, nel senso che ha dato loro una identità e una propria dignità, descrivendo situazioni reali che anche ai nostri giorni accadono.

Non al denaro non all’amore né al cielo

Non al denaro non all’amore né al cielo parla di tante storie come questa, liberamente tratto dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters (vedi anche un ottimo parallelismo tra le due opere qui), l’album di De André mette in musica nove di queste 244 storie, e riceve anche dall’Università di Losanna la Laurea “Honoris Causa” in Letteratura Straniera per questo lavoro.

UN MATTO (DIETRO OGNI SCEMO C’E’ UN VILLAGGIO)
Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo: gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz’ora basta un libro di storia, io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto, continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita in un manicomio io l’ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c’è luce ormai nei miei pensieri, qui nella penombra ora invento parole ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita: le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia “Una morte pietosa lo strappò alla pazzia”.

Chiusura

Spero con questo articolo di aver stuzzicato la curiosità di chi ancora non conoscesse De André, e di aver fatto scendere una lacrimuccia, invece, a chi già lo conosceva e ha fatto un tuffo indietro grazie a queste righe, ma soprattutto al grande Faber.

Per me le sue canzoni sono sempre state ispiratrici di riflessioni, e l’accompagnamento della PFM perfetto connubio per scatenare ulteriori emozioni.

Vi do, infine, appuntamento ad un mio prossimo articolo con la meravigliosa “Creuza de Mà”.

Ciao!